Cogenerazione a biomassa per la produzione di pellets: grande opportunità per i cicli ORC

Degli impianti di cogenerazione basati sul ciclo ORC (Organica Rankine Cycle), ho avuto già modo di parlare spesso, soprattutto relativamente alla micro cogenerazione distribuita, che ha visto aprirsi nuove impensabili prospettive, anche attaraverso prodotti di nuova generazione come la Green Machine di ElectraTherm


(vedi post “Generazione distribuita, efficienza energetica, recuperi termici, media e bassa entalpia: arriva la “Green Machine”).

Molti come avevo analizzato nel post, gli ambiti applicativi degli impianti di conegerazione ORC e tra questi, il settore del pellet di legno, che sta registrando una notevole espansione, grazie ad un combustibili come il pellets (vedi post “Autunno e inverno con un nuovo combustibile emergente: il pellet con alcune istruzioni per il consumatore“), che sta facendo registrare consumi in forte e costante crescita nel mercato europeo, e con volumi interessanti anche in altre aree del mondo, come negli USA, Corea, Giappone e Cina. Due differenti mercati fanno da traino a questa costante crescita dei consumi su scala mondiale:

  • il mercato del pellet per il riscaldamento, orientato a stufe e caldaie di piccola taglia, che nel 2013 ha assorbito circa 12 Mt/anno
  • il mercato del pellet industriale, rivolto alle centrali di potenza operanti in regime di co-combustione, che nel 2013 ha assorbito circa 10 Mt/a.

E’ importante registrare al riguardo, come il prodotto richiesto dai due diversi mercati non sia molto diverso. Infatti, il pellet “da riscaldamento” e quello “industriale” si presentano sotto la stessa forma e con caratteristiche simili, differendo però sostanzialmente per il contenuto di ceneri. Mentre il pellet per riscaldamento, essendo usato in buona parte in ambienti domestici ed in piccole stufe, deve avere un contenuto di ceneri minimo (inferiore all’1% in peso rispetto al combustibile), per evitare pesanti incompatibilità ambientali e logistiche, il pellet per applicazioni industriali, può invece avere un contenuto in ceneri superiore, dal momento che poiché viene utilizzato in centrali di potenza con sistemi avanzati di gestione delle ceneri.

Analisi importanti possono essere effettuate su base geografica, sia per quanto riguarda il consumo, con il pellet per riscaldamento e il pellet industriale aventi distribuzioni diverse:

  • Il consumo del pellet per riscaldamento è concentrato prevalentemente in Europa e in parte minore negli Stati Uniti. I consumatori sono milioni di famiglie che usano mediamente da 1 a 5 tonnellate di pellet all’anno.
  • Il pellet industriale ha un consumo concentrato in alcuni Paesi europei, principalmente Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Danimarca. I consumatori sono in totale alcune decine di grandi centrali di produzione elettrica a carbone che operano in regime di co-combustione con il pellet e che usano in un singolo impianto fino a un milione di tonnellate di pellet all’anno.

Ma anche per quanto riguarda la produzione, questa non si sovrappone esattamente a quella del consumo, presentando squilibri significativi. 

Nel 2012, infatti in Europa, a fronte di un consumo complessivo di circa 15 Mt, si è registrata una produzione di più di 11 Mt, con una compensazione del bilancio, effettuata attraverso importazione di 2 Mt dal Nord America, di 1,5 Mt dalla Russia, con il saldo residuo proveniente prevalentemente dal Sud-est asiatico. Venendo al nostro paese, l’Italia è oggi il primo consumatore al mondo di pellet per riscaldamento, condividendo anche il primato per il consumo complessivo in condivisione con la Gran Bretagna che però consuma quasi esclusivamente pellet industriale in centrali di co-combustione a carbone. Ma il contrasto più grosso tra la geografia della produzione e quella del consumo è rappresentato proprio dal nostro paese, che nel 2013, a fronte di un consumo effettivo di circa 3 Mt, ha visto attestarsi la produzione a poco più di un decimo, vale a dire a circa 300 kt.

Tutto questo in un contesto che, secondo stime attendibili, vede i consumi di pellet in continua e sostenuta crescita in tutto il mondo, e in particolare in Italia. Nonostante nel 2014 si sia registrata una timida ripresa della produzione domestica di pellet, questa non riuscirà a dare un contributo sostanziale ai consumi, se non sostenuta da interventi di sostegno per l’attivazione di una corretta filiera bosco-legno-energia. Itreventi ancor più importanti, se si pensa al grande potenziale agro-forestale, solo parzialmente utilizzato, ma capace di dare risposte importanti alla produzione di biocombustibili. In Italia, ad oggi, vengono importati oltre 2,5 Mt/anno di pellet, pari al 90% del nostro fabbisogno domestico, da diversi paesi europei, tra i quali Austria, Croazia, Lituania, ma anche dal Nord America, regione dalla quale è previsto un forte incremento dell’esportazione destinata proprio all’Europa e all’Italia, con alcuni dei principali porti italiani si stanno già attrezzando per ricevere grandi quantitativi di pellet di provenienza nordamericana. Ma tornando a dove eravamo partiti, veniamo alle grandi affinità esistenti tra impianti cogenerativi ORC e pellet.

Il processo produttivo del pellet è basato sulla trasformazione della materia legnosa, proveniente da scarti dell’industria del legno o da tronchi estratti direttamente dal bosco, in piccoli cilindretti di diametro normalmente di diametro di 6 mm o 8 mm e di lunghezza di 2-3 cm. La materia prima in ingresso è sottoposta a macinatura e ridotta in segatura attraverso una serie di fasi di processo, per poi essere sottoposta ad essiccazione ed a pressatura per assumere la forma definitiva. Si tratta di un processo molto energivoro, con un fabbisogno energetico medio per ogni tonnellata di prodotto finito pari a:

  • 0,8-1,2 MWh termici, in funzione della tecnologia usata per l’essiccazione, ma soprattutto dell’umidità della materia prima in ingresso;
  • 0,15-0,20 MWh elettrici, in funzione principalmente della forma della materia prima in ingresso (maggiore consumo se tronchi, minore se già cippata), e in parte della tipologia di essenza trattata (se più o meno dura) e del diametro del pellet finito.

Si tratta di un rapporto tra fabbisogno elettrico e termico del processo di produzione del pellet intorno a 5, vale a dire che per ogni unità di energia elettrica consumata ne vengono consumate anche 5 di energia termica. Si tratta di una proporzione perfettamente compatibile con il fattore di potenza degli impianti di cogenerazione a biomassa di piccola e media taglia, vale a dire con il rapporto tra energia elettrica e termica prodotta a partire dal biocombustibile.

Una caratteristica ideale, che ha permesso l’integrazione, nel processo produttivo del pellet, della cogenerazione a biomassa, la quale è in grado di utilizzare cortecce, ramaglie e residui vari non utili per la produzione del pellet. Un ruolo di assoluto rilievo in questa integrazione è proprio da ascrivere proprio alla tecnologia degli ORC , che sta giocando un ruolo dominante in questa integrazione. I vantaggi di operare con la cogenerazione a biomassa sono davvero molteplici e diversificati, come:

  • riduzione dei consumi primari: grazie all’efficienza della cogenerazione rispetto alla generazione separata;
  • utilizzo di biocombustibili rinnovabili: con emissione diretta di CO2 e gas climalteranti nulla;
  • riduzione dei costi energetici: grazie all’utilizzo di un biocombustibile a basso costo (ramaglie e cortecce);
  • produzione di un prodotto finito come il pellet, con un carico ambientale minimo: non gravato nella fase produttiva dagli impatti derivanti dalla produzione centralizzata dell’energia elettrica.

Si tratta di vantaggi ottenibili attraverso modifiche non sostanziali nell’impianto produttivo e dai contenuti investimenti. Le differenze principali rispetto a un impianto di produzione pellet convenzionale, equipaggiato con caldaia a biomassa dedicata all’esclusiva produzione termica al servizio dell’essiccatoio a nastro, sono individuabili nella modifica della caldaia ad “acqua calda” in quella “ad olio diatermico” (o a vapore saturo), e il collocamento del modulo ORC tra la caldaia e l’essiccatoio. Come già detto, il cuore della tecnologia ORC segue lo stesso principio di funzionamento di una convenzionale turbina a vapore, ma con un’importante e sostanziale differenza, dal momento che in luogo del vapore acqueo, il sistema ORC utilizza come fluido di lavoro, un fluido organico avente elevata massa molecolare, non tossico e non pericoloso, finalizzato ad ottenere, caso per caso, le migliori performance, generando una serie di vantaggi gestionali rispetto ai sistemi convenzionali.

E’ evidente che oggi che alle taglie commerciali presenti da anni sul mercato nel range da 0,2 a 5 MW elettrici, si sono aggiunte soluzioni portentose per applicazioni da 30 a 100 Kw elettrici come la Green Machine, le opportunità applicative di questa tecnologia, anche in questo ambito decisamente strategico, aumentano considerevolmente.

Sauro Secci

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